L’arco di Luni e i viaggi per mare del sale di Piombino (1403)

Luni, misteriosa città. Nel comune di Ortonovo (che è su una collina presso Sarzana in provincia di La Spezia), alcuni piccoli centri presso al mare e un museo archeologico aperto abbastanza di recente con visibili i resti di un anfiteatro, ricordano nel nome Luni, città etrusca e romana, fiorente porto del mondo antico ma, per la sua vulnerabilità, abbandonata già nel medioevo a favore di Sarzana che ne assunse anche la diocesi.
Rimasero, a renderne la storia in verità un po’ ‘misteriosa’, delle rovine e delle memorie di vario tipo come quella di un arco che, in una pergamena inedita del 1403, risultava approdo di navi e di merci e nel 1492 era citato presso la spiaggia (v. Commentaria de rebus genuensis ...).

Gli antefatti. La pergamena è curiosa, ma per leggerla correttamente, è quasi doveroso fare una premessa sul complicato periodo storico in cui venne scritta. Una grande crisi politica infatti opprimeva allora le popolazioni toscane, non essendo ancora giunta alla fine la guerra, intrapresa per lo sbocco al mare e le redditizie rotte nel Tirreno e nel Mediterraneo, da Firenze contro Pisa (capitolata nel 1406).
La città della Torre reggeva ancora l’offensiva grazie al sostegno dei Visconti di Milano, a loro volta signori di Luni-Sarzana, che era un territorio strategico di confine e all’inizio dell’itinerario verso la Lombardia.
I Visconti erano anche alleati di Piombino, porto di una certa importanza per le miniere dell’isola d’Elba e il cui signore si chiamava Gherardo Appiani, di infausta memoria per i pisani perché nel 1399 aveva tradito e consegnato la città ai Visconti.
L’Appiani però nel 1403 era in difficoltà e si stava pericolosamente barcamenando tra le nazioni più potenti, sentendosi come il vaso di coccio tra i vasi di ferro, a dirla col Manzoni. Oppresso dai genovesi, l’11 luglio avrebbe firmato con Firenze un trattato della durata di sei anni al fine di garantire per sé e per lo stato la protezione di una guarnigione. In cambio avrebbe concesso quello che interessava ai fiorentini: l’accesso ai traffici marittimi.

Luni e il commercio del sale.
Nel giugno del 1403, dunque, poco tempo prima che fosse firmato il trattato, i Visconti o chi per essi vollero portar via da Piombino con destinazione Luni un alimento allora prezioso: il sale, probabilmente quello prodotto nelle saline di Piombino e di Castiglione della Pescaia.
Il denaro e il profitto sono un’ottima ragione per l’azione ... E per questo a Pisa, forse quasi in segreto, si stipulò il noleggio di un’imbarcazione per compiere due viaggi marittimi e trasportare il sale al prezzo di 70 fiorini d’oro “pro quolibet viadio”.
Noleggiatore fu Giovanni di Lorenzo Ciampolino, cittadino e mercante pisano, mentre i padroni del ‘legno’ richiesto furono Santi del fu Andrea della Torre di Napoli, Antonio del fu Tommaso e Colo del fu Piero tintore della parrocchia di San Nicola.
L’imbarcazione, che stava sull’Arno, si chiamava “Santo Iacopo e San Cristoforo” ed aveva “una cuperta duabus partibus dicti ligni cum corritorio portati buctium centum ad pondus” (coperta con due parti del legno e un corridoio, portava cento botti di peso). I noleggiatori la richiedevano (ovviamente) in ottime condizioni e armata: “bene actum, concium, stagnum et bene paratum in armis”, con tutti i corredi e fornimenti “actis necessariis et habilibus ad navigandum et maxime hominibus decem” – con dieci uomini (pronti anche a combattere).

La rotta. La rotta fu stabilita abbastanza in dettaglio. A partire dall’Arno i padroni “velificabunt et ibunt recta via viadio in terra non mutato” (sarebbero andati a vela per via diritta senza alcun cambiamento per terra) fino al castello di Piombino. Qui, dopo aver approdato, si sarebbero trattenuti cinque giorni per caricare la quantità di sale che il legno avesse potuto portare e poi si sarebbero diretti per diritta via, sempre senza deviare per terra, all’arco di Luni, a breve distanza dal castello di Sarzana: “stabunt et morabunt diebus quinque utilibus actis et habilibus ad navigandi onerandum infra quo erunt parati recipere et onerare et sic recipient et onerabunt … illam quantitatem salis quam dictum lignum portare poterit … Et habito dicto onere incontinenti descedent de dicto loco et velificabunt et ibunt recta via viadio in terra non mutato ad archum Luni prope castrum Sarezzane”.
A Luni, dopo l’approdo, avrebbero consegnato, scaricato e messo a terra il sale. E, sempre “incontinenti” – di fretta –, dal detto luogo “descedent et velificabunt et ibunt recta via viadio in terra non mutato ad castrum Plumbini”, dove avrebbero approdato per la seconda volta, dimorato i soliti cinque giorni, caricato il sale e poi salpato verso l’arco di Luni.
Visti i tempi (di guerra), i padroni dell’imbarcazione avrebbero dovuto essere “bene soliciti, celeres et actenti” affinché il caricodi Giovanni in navigazione fosse custodito e difeso da loro e dai marinai nel “periculo et fortuna dicti maris et gentium”. In più, oltre ai due viaggi suddetti, forse sarebbe stato possibile compiere “alia tria viadia” per lo stesso prezzo di nolo. Ma questa evenienza, si capisce, era ancora da verificare ...

La pergamena che contiene il contratto di nolo e le disposizioni fu scritta dal ser Giovanni di Piero da San Cassiano a Pisa nella bottega del fondaco della chiesa di San Sebastiano in Chinzica posta “penes ipsam ecclesiam a latere carraie q. vocat Caldularia”.
Furono presenti i testimoni Giovanni del fu Vannuccio della cappella di San Cosimo e Cristoforo del fu Iani della cappella di Sant’Egidio.
La carta presenta un’aggiunta, dovuta al fatto che forse a fine luglio 1403, nonostante il trattato del giorno 11, era ancora possibile fare uscire il sale dal porto di Piombino e portarlo all’arco di Luni.
Si legge infatti nell’aggiunta come i tre padroni del legno e Giovanni di Lorenzo Ciampolino volessero compiere gli “alia tria viadia” previsti quasi due mesi prima.

Paola Ircani Menichini, 22 febbraio 2024.
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